Molte ricerche sono state condotte in materia di carotenoidi totali, e Beta-carotene in particolare, e rischio di cancro e malattie cardiovascolari.
Informazioni, seppur ancora limitate, stanno emergendo riguardo al coinvolgimento e al ruolo dell’Alfa-carotene nello sviluppo di malattia cardiovascolare o di tumore.
E' stata valutata la relazione diretta tra concentrazioni di Alfa-carotene e rischio di morte tra 15.318 adulti statunitensi di 20 anni o più, che hanno partecipato al Third National Health and Nutrition Examination Survey Follow-up Study.
Rispetto ai partecipanti con livelli sierici di Alfa-carotene da 0 a 1 microg/dL ( conversione in micromoli per litro: moltiplicare per 0.01863 ), quelli con più elevati livelli plasmatici hanno avuto un minor rischio di morte per tutte le cause ( P per trend lineare inferiore a 0.001 ): il rischio relativo di morte è stato 0.77 tra quelli con concentrazioni di Alfa-carotene da 2 a 3 microg/dL, 0.73 tra quelli con concentrazioni da 4 a 5 microg/dL, 0.66 tra quelli con concentrazioni da 6 a 8 microg/dL e 0.61 tra quelli con concentrazioni di 9 microg/dL o superiori, dopo aggiustamento per le potenziali variabili confondenti.
Sono state trovate anche associazioni significative tra concentrazioni sieriche di Alfa-carotene e rischio di morte cardiovascolare ( p=0.007 ), di morte per cancro ( P=0.02 ) e di morte per tutte le altre cause ( P inferiore a 0.001 ).
L'associazione tra concentrazioni plasmatiche di Alfa-carotene e rischio di morte per tutte le cause è stata significativa nella maggior parte dei sottogruppi, stratificati per caratteristiche demografiche, stili di vita, abitudini e fattori di rischio per la salute.
In conclusione, le concentrazioni plasmatiche di Alfa-carotene sono state inversamente associate al rischio di morte per tutte le cause, per malattie cardiovascolari, per tumore e per tutte le altre cause.
Questi risultati supportano l'aumento del consumo di frutta e verdura come un mezzo per prevenire la morte prematura. ( Xagena2011 )
Li C et al, Arch Intern Med 2011; 171: 507-515
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