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Molte morti premature in Italia sarebbero dovute all’inquinamento atmosferico


Lo smog non è solo un problema ambientale: danneggia fortemente la salute: 84.400 è il numero annuale delle morti premature in Italia stimato dall’Agenzia ambientale europea ( 59.500 per Pm 2.5, 3.300 per l’ozono, 21.600 per il biossido di azoto ), mentre l’iniziativa Apheko, ricerca su 10 città ( inclusa Roma ), ha stimato che vivere vicino a strade trafficate sia responsabile del 15-30% di casi di asma ( età: 0-17 anni ) e di cardiopatia ischemica e di broncopneumopatia cronica ostruttiva ( BPCO ) ( età: oltre 65 anni ).

L’inquinamento atmosferico è associato a mortalità per malattie cardio-respiratorie, tumore al polmone, ricoveri ospedalieri per malattie respiratorie ( compresa la polmonite ) e per asma, incidenza e riacutizzazione di asma, rinite allergica, sintomi respiratori ( tosse, espettorato, respiro sibilante, difficoltà di respiro ), riduzione della funzione respiratoria; inoltre, è causa di incremento dell’assenteismo lavorativo e scolastico, nonché induce un aumento delle dosi dei broncodilatatori nei pazienti con patologia ostruttiva cronica.

Sono trascorsi 10 anni da quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità ( OMS ) ha emanato le lineeguida per il particolato atmosferico ( Pm ), l’ozono ( O3 ), il biossido di azoto ( NO2 ), l’anidride solforosa ( SO2 ). Tali limiti, con l’eccezione di quello per l’ossido di azoto, sono molto più restrittivi di quelli ammessi dall’Unione Europea.

La conseguenza è descritta nel Rapporto dell’Agenzia ambientale europea ( Air quality in Europe - 2015 report ). Vi è una marcata variazione tra le stime delle percentuali di esposizione della popolazione europea agli inquinanti, ad esempio per le particelle inalabili ( Pm10 ), secondo i limiti dell’Unione Europea il 17-30% è esposto contro il 61-83% secondo i limiti OMS.
Gli analoghi valori 'per le particelle fini ( Pm2.5 ) sono 9-14% e 87-93%, e quelli per l’ozono ( inquinante tipicamente estivo ) sono 14-15% e 97-98%, rispettivamente.
La pianura padana e alcune grandi città italiane sono tra le zone europee più inquinate.

Il Rapporto stima anche il numero annuale delle morti premature ( cioè avvenute prima dell’età aspettata, corrispondente all’aspettativa di vita per un tale Paese, specifica per sesso ) in Italia: 59.500 per Pm2.5, 3.300 per O3, 21.600 per NO2.

In Italia, negli ultimi 25 anni sono stati condotti molti studi epidemiologici per valutare gli effetti dell’inquinamento atmosferico nei centri abitati.
I risultati pubblicati sono stati concordanti con quelli degli studi condotti in altri Paesi, evidenziando la pericolosità dell''inquinamento atmosferico per la salute umana.
Oltre alla partecipazione italiana a studi quali Aphea ed Escape, tra i principali studi condotti in Italia vanno citati: Misa-1, Misa-2, studio Oms delle 13 città italiane, EpiAir ed EpiAir2.

Tali studi, utilizzando statistiche sanitarie di routine e dati di monitoraggio ambientale hanno messo in relazione gli eventi sanitari acuti ( mortalità, ricoveri ospedalieri ) con i livelli di concentrazione degli inquinanti gassosi e particolati, oltre a contribuire agli studi succitati, hanno contribuito allo studio Sidria e condotto le indagini sui campioni di popolazione generale del Delta del Po e di Pisa e sul campione di adolescenti di Palermo, confermando gli effetti negativi dell’inquinamento atmosferico con questionari, spirometrie e test allergologici.

Quali possono le misure di contrasto ?

La letteratura scientifica negli ultimi anni ha mostrato l’efficacia della chiusura dei centri urbani per circa due settimane al traffico privato ( da 11 a 41% di riduzione di eventi asmatici acuti durante le Olimpiadi estive di Atlanta 1996 e di Pechino 2008 ) e l’efficacia della riduzione cronica dei livelli di concentrazione di NO2, Pm2.5 e Pm10 sui sintomi e la funzione respiratoria ( indagini Sapaldia e Scarpol in Svizzera ), nonché l’efficacia del bando all’uso di carbone per riscaldamento a Dublino nel 1990 ( riduzione del 15% di mortalità per cause respiratorie nei sei anni successivi ).
Negli Stati Uniti è stato stimato che ogni decremento di 10 microgrammi/metro cubo di Pm2.5 è associato a un aumento di 7 mesi nell’aspettativa di vita.

Lo stato della California ha mostrato che, con politiche adeguate di controllo delle emissioni, tra il 1994 e il 2011 è stato possibile ottenere riduzioni tra il 15 e il 54% nelle emissioni di NOx, Pm2.5 e Pm10, a fronte di un incremento del 38% del traffico veicolare e del 30% della popolazione. ( Xagena2015 )

Fonte: CNR, 2015

Med2015 Pneumo2015



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